
Kaos antitesi del silenzio?
In principio era il kaos, avrebbero detto gli antichi greci, la condizione primordiale dell’universo, con lo spazio indefinito, vuoto, come una tela bianca o un blocco di pietra da scolpire, materia grezza sulla quale simulare la realtà. Uno spazio illimitato che viveva la dimensione del silenzio cosmico, la voce atona del kaos.
L’homo sapiens ha sempre avuto l’esigenza di stabilire ordine nel kaos, di regolamentarlo con leggi, di asservirlo alle regole, di adattarlo alle necessità. L’artista ha sempre ricercato nel caos nuovi spazi creativi, oltrepassando le leggi e le regole ha inseguito la libertà di espressione rifuggendo le gabbie imposte dal conformismo.
Ma cosa rappresenta il kaos per l’artista contemporaneo e cosa il silenzio? Sono veramente in antitesi o sono solo due dimensioni, due livelli emozionali che interagiscono e si sovrappongono nell’estro creativo?
La mostra “Kaos antitesi del silenzio” ha posto l’attenzione su questi due aspetti del sentire dell’artista, il kaos della materia vergine sulla quale creare l’immagine e, nel contempo, la muta eloquenza dell’elemento che contiene già in nuce la creazione artistica. La materia contiene già in sé l’immagine, potremmo dire parafrasando Michelangelo, ma anche che è la materia stessa ad essere opera d’arte, come dimostrano le installazioni di Peppe Ferraro e Maria Luna Storti.